Clout Chasing

indice dei contenutiCosa è il Clout Chasing?Clout Chasing: la ricerca di notorietà nell’era digitaleLe radici sociologiche e psicologiche del clout chasingManifestazioni ed evoluzione del fenomeno nell’ecosistema digitale
Implicazioni etiche e impatto sul panorama informativoContrasto tra clout chasing e costruzione di autorevolezza autenticaStrategie di comunicazione nell’era dell’economia dell’attenzioneIl ruolo del clout chasing nelle strategie di marketing contemporanee

Cosa è il Clout Chasing?

Il clout chasing è una pratica comunicativa che consiste nell’associarsi strategicamente a figure popolari, temi di tendenza o contenuti virali con l’obiettivo di incrementare rapidamente la propria visibilità online.

Clout Chasing: la ricerca di notorietà nell’era digitale

Il clout chasing è una pratica comportamentale tipica dell’era dei social media che consiste nel perseguire attivamente fama, attenzione e rilevanza sociale attraverso azioni strategiche mirate ad aumentare la propria visibilità online. Questo fenomeno si manifesta principalmente attraverso tentativi deliberati di associarsi a persone influenti, tendenze virali o controversie mediatiche con l’obiettivo primario di guadagnare seguito, engagement e capitale sociale digitale, piuttosto che per un autentico interesse verso il contenuto o la causa in questione.

Le radici sociologiche e psicologiche del clout chasing

Il clout chasing trova le sue radici nelle dinamiche sociali fondamentali dell’essere umano, amplificate dall’ecosistema digitale contemporaneo. La ricerca di status e riconoscimento sociale rappresenta un impulso profondamente radicato nella psicologia umana, come evidenziato dagli studi di Abraham Maslow nella sua gerarchia dei bisogni, dove la stima e l’autorealizzazione occupano i livelli superiori. Nell’era pre-digitale, il prestigio sociale era principalmente legato a fattori come competenze professionali, posizione socioeconomica o risultati tangibili. Con l’avvento dei social media, questo paradigma ha subito una trasformazione radicale, creando un nuovo contesto in cui l’attenzione è diventata una valuta fondamentale, misurabile attraverso metriche quantificabili come follower, like e condivisioni.

La teoria dell’economia dell’attenzione, sviluppata da Herbert A. Simon negli anni ’70 e successivamente approfondita da studiosi come Michael H. Goldhaber, fornisce un quadro interpretativo illuminante per comprendere questo fenomeno. In un’epoca caratterizzata da sovrabbondanza informativa, l’attenzione diventa una risorsa scarsa e quindi preziosa. I social media hanno creato un sistema economico parallelo dove l’attenzione può essere convertita in capitale tangibile attraverso sponsorizzazioni, partnership commerciali e opportunità professionali. Questa trasformazione dell’attenzione in valore economico ha alimentato comportamenti strategici per la sua acquisizione, tra cui appunto il clout chasing.

Dal punto di vista psicologico, il clout chasing può essere interpretato come una manifestazione della crescente necessità di validazione esterna, un fenomeno esacerbato dai meccanismi di gratificazione immediata incorporati nelle piattaforme social. Gli studi neuroscientifici hanno dimostrato come le notifiche e le interazioni sui social media attivino il sistema di ricompensa del cervello, rilasciando dopamina in modo simile a quanto avviene con altre forme di gratificazione, creando potenziali cicli di dipendenza comportamentale che alimentano la continua ricerca di attenzione e approvazione.

Manifestazioni ed evoluzione del fenomeno nell’ecosistema digitale

Il clout chasing si manifesta attraverso un ampio spettro di comportamenti e strategie che si sono evoluti parallelamente alle piattaforme digitali. Nelle prime fasi dell’ecosistema social, questo fenomeno si esprimeva principalmente attraverso tentativi di associazione con celebrità e influencer affermati, spesso attraverso commenti, menzioni o richieste di collaborazione. Con la maturazione dell’ecosistema digitale, le strategie si sono sofisticate significativamente, incorporando tecniche di growth hacking e analisi algoritmica per massimizzare la visibilità.

Una delle manifestazioni più evidenti del clout chasing contemporaneo è il “controversy baiting”, ovvero la deliberata creazione o partecipazione a controversie per generare engagement. Questa tecnica sfrutta la tendenza degli algoritmi a privilegiare contenuti polarizzanti che generano elevati livelli di interazione, indipendentemente dalla valenza positiva o negativa di tali interazioni. Esempi emblematici includono creator che assumono posizioni estreme su temi divisivi, provocano deliberatamente figure pubbliche o diffondono informazioni sensazionalistiche per catalizzare attenzione.

Un’altra dimensione significativa è rappresentata dal “trend jacking“, la pratica di inserirsi rapidamente in conversazioni virali o tendenze emergenti, spesso senza un contributo sostanziale ma semplicemente per ottenere visibilità per associazione. L’uso strategico di hashtag virali, la partecipazione a challenge popolari o l’adozione immediata di nuovi format di contenuto rappresentano tentativi di sfruttare l’algoritmo e raggiungere nuove audience cavalcando l’onda dell’interesse collettivo.

Con l’evolversi delle piattaforme, anche le manifestazioni del clout chasing hanno subito trasformazioni. Su TikTok, ad esempio, si è diffusa la pratica del “duetting” con creator popolari per ottenere visibilità derivata, mentre su Twitter è comune il fenomeno del “ratio baiting”, ovvero la pubblicazione di opinioni provocatorie progettate per generare un alto volume di risposte negative che, paradossalmente, aumentano la visibilità del contenuto originale grazie all’algoritmo che premia l’engagement indipendentemente dalla sua natura.

Implicazioni etiche e impatto sul panorama informativo

Il clout chasing solleva interrogativi etici significativi riguardo all’autenticità delle interazioni digitali e alla qualità dell’ecosistema informativo. La mercificazione dell’attenzione ha creato un ambiente in cui la verità e l’accuratezza possono essere subordinate all’impatto e alla viralità potenziale, con profonde implicazioni per il discorso pubblico e la formazione dell’opinione collettiva.

La priorizzazione della visibilità rispetto alla sostanza ha contribuito alla proliferazione di disinformazione e contenuti sensazionalistici. Studi condotti dal MIT Media Lab hanno dimostrato come le notizie false si diffondano significativamente più velocemente e ampiamente rispetto alle informazioni verificate, principalmente a causa del loro potenziale di suscitare reazioni emotive forti. Il clout chasing sfrutta sistematicamente questa dinamica, privilegiando affermazioni scioccanti o controverse rispetto a contenuti equilibrati ma meno virali, contribuendo così alla degradazione dell’ecosistema informativo.

Sul piano individuale, la pressione costante di mantenere e aumentare la propria rilevanza digitale può generare significative conseguenze psicologiche. La ricerca ha evidenziato correlazioni tra l’uso intensivo dei social media orientato alla validazione esterna e l’aumento di sintomi di ansia, depressione e disturbi dell’immagine corporea. La necessità di performare costantemente per un pubblico digitale può portare a quella che il sociologo Erving Goffman descriverebbe come una “rappresentazione strategica del sé”, dove l’autenticità viene sacrificata in favore di una versione idealizzata e commercializzabile della propria identità.

Dal punto di vista delle relazioni interpersonali, il clout chasing può trasformare le interazioni umane in transazioni strumentali, dove il valore dell’altro è misurato principalmente in termini di capitale sociale e potenziale di visibilità che può offrire. Questa strumentalizzazione delle relazioni rappresenta una significativa erosione del tessuto sociale tradizionale, sostituendo connessioni autentiche con reti di utilità reciproca basate su metriche di influenza digitale.

Contrasto tra clout chasing e costruzione di autorevolezza autentica

È fondamentale distinguere tra clout chasing e la legittima costruzione di autorevolezza professionale, una distinzione particolarmente rilevante nel contesto della strategia di comunicazione aziendale e della presenza digitale dei professionisti. Mentre il clout chasing persegue visibilità immediata attraverso tattiche spesso effimere e superficiali, la costruzione di autorevolezza autentica si fonda su competenze concrete, contributi di valore e una visione strategica a lungo termine.

L’approccio di un business strategist come Andrea Barchiesi rappresenta l’antitesi del clout chasing: anziché inseguire tendenze momentanee o associazioni opportunistiche, la costruzione di un’identità digitale autorevole si basa sulla creazione sistematica di contenuti sostanziali che riflettono una visione organica e profonda del business. Questo approccio prevede la condivisione di insight strategici, analisi approfondite e riflessioni culturalmente rilevanti che contribuiscono realmente al discorso professionale, piuttosto che limitarsi a generare engagement superficiale.

La differenza fondamentale risiede nell’orizzonte temporale e negli obiettivi perseguiti. Il clout chasing è intrinsecamente orientato al breve termine, cercando picchi di attenzione rapidamente convertibili in metriche visibili. La costruzione di autorevolezza, al contrario, opera su una dimensione temporale estesa, accettando una crescita potenzialmente più lenta ma sostenibile, basata sull’accumulo progressivo di credibilità attraverso contributi significativi e coerenti con la propria visione professionale.

Un’ulteriore distinzione riguarda il rapporto con il pubblico di riferimento. Mentre il clout chaser tende a considerare il proprio pubblico come un mezzo per raggiungere obiettivi personali di visibilità, l’approccio orientato all’autorevolezza pone al centro le esigenze informative e formative della propria audience. Questo si traduce nella creazione di contenuti che rispondono a domande reali, offrono soluzioni concrete e stimolano riflessioni profonde, creando un circolo virtuoso di fiducia e riconoscimento professionale che si autoalimenta nel tempo.

Strategie di comunicazione nell’era dell’economia dell’attenzione

In un panorama digitale saturato di contenuti e caratterizzato da una crescente competizione per l’attenzione, diventa essenziale elaborare strategie di comunicazione che bilancino efficacemente la necessità di visibilità con l’imperativo dell’autenticità e della rilevanza sostanziale. Questo equilibrio rappresenta la sfida centrale per professionisti, aziende e istituzioni che intendono costruire una presenza digitale significativa senza cadere nelle trappole del clout chasing.

Un approccio data-driven alla comunicazione, come quello adottato da Andrea Barchiesi, offre un paradigma alternativo in cui la visibilità non è perseguita come fine a sé stante, ma come conseguenza naturale della creazione di valore autentico. Questa metodologia integra l’analisi quantitativa delle metriche di engagement con una valutazione qualitativa dell’impatto e della risonanza dei contenuti presso le audience target. La SEO, in questa prospettiva, non si riduce a un insieme di tecniche manipolative per ottimizzare il posizionamento, ma diventa uno strumento per migliorare la scopribilità di contenuti intrinsecamente meritevoli di attenzione.

La strategia di content marketing evoluta prevede la creazione di un ecosistema informativo interconnesso, dove contenuti brevi e immediatamente fruibili (come le “parole” nel glossario) dialogano con approfondimenti articolati e complessi (gli articoli), creando percorsi di approfondimento progressivo che accompagnano il lettore in un viaggio conoscitivo. Questo approccio ecosistemico risponde efficacemente alle diverse modalità di fruizione dei contenuti, dalle ricerche rapide di informazioni puntuali all’esplorazione approfondita di tematiche complesse.

Un elemento distintivo di una strategia comunicativa efficace nell’era dell’economia dell’attenzione è la coerenza tra messaggio, medium e identità professionale. L’adozione di un tone of voice distintivo e riconoscibile, che nel caso di Andrea Barchiesi si caratterizza per eleganza formale e profondità concettuale, contribuisce a differenziare la comunicazione dal rumore di fondo e a costruire un’identità digitale coesa e memorabile. Questa coerenza stilistica diventa essa stessa un elemento di valore, comunicando implicitamente affidabilità e solidità professionale.

Il ruolo del clout chasing nelle strategie di marketing contemporanee

Nonostante le criticità etiche e qualitative associate al clout chasing, sarebbe semplicistico considerarlo esclusivamente come una pratica da evitare in ogni contesto. Una visione strategica completa riconosce che alcuni elementi di questa pratica, opportunamente filtrati e integrati in un quadro etico coerente, possono contribuire a strategie di marketing efficaci nell’ecosistema digitale contemporaneo.

L’abilità di intercettare tempestivamente conversazioni rilevanti e tendenze emergenti, elemento centrale del clout chasing, può essere reinterpretata in chiave costruttiva attraverso il concetto di “cultural listening”. Questo approccio prevede un monitoraggio sistematico del panorama culturale e conversazionale per identificare opportunità di contribuire con contenuti sostanziali a discussioni in corso, offrendo prospettive innovative o approfondimenti che arricchiscano realmente il dibattito, anziché limitarsi a sfruttarlo per visibilità.

Analogamente, la comprensione dei meccanismi algoritmici che regolano la distribuzione dei contenuti sulle piattaforme digitali, spesso utilizzata in modo opportunistico dai clout chasers, può essere applicata costruttivamente per migliorare la discoverbility di contenuti di valore. Questo approccio “algorithm-aware” non altera la sostanza o l’integrità del messaggio, ma ne ottimizza la presentazione per massimizzarne la rilevanza percepita dai sistemi di distribuzione dei contenuti.

La creazione occasionale di contenuti progettati specificamente per generare picchi di attenzione può avere un ruolo legittimo all’interno di una strategia comunicativa più ampia, fungendo da “gateway” verso approfondimenti più sostanziali. In questa prospettiva, l’attenzione iniziale catturata attraverso formati più accessibili o tematiche di maggiore interesse immediato non rappresenta il traguardo finale, ma il primo passo di un percorso di engagement progressivamente più profondo e significativo.

Casi studio esemplari di questo approccio equilibrato includono istituzioni culturali come il Rijksmuseum di Amsterdam, che ha sapientemente utilizzato trend digitali come la ricreazione di opere d’arte durante il lockdown per catalizzare attenzione verso il proprio patrimonio artistico, o aziende come Patagonia, capaci di inserirsi in conversazioni su temi di attualità ambientale con contributi sostanziali radicati nella propria identità valoriale.

In ultima analisi, la sfida per i professionisti della comunicazione contemporanea non consiste nel rifiutare categoricamente le dinamiche dell’economia dell’attenzione, ma nel subordinarle a obiettivi più ampi di creazione di valore, costruzione di relazioni autentiche e contributo significativo al proprio ambito professionale e sociale.